In particolare, la cornice normativa che fa da sfondo alla mediazione penale minorile 2 è il D.P.R.448/88 all’interno del quale è esplicitamente prevista l’opportunità della riconciliazione fra autore e vittima di reato con l’art.28 (“sospensione del processo e messa alla prova”).
All’interno di questa misura il minore viene inserito in un percorso di responsabilizzazione centrato su alcune attività educative e risocializzative. A seguito dell’analisi di fattibilità è possibile per alcuni casi, che il minore partecipi ad un percorso di riconciliazione con la vittima del reato.
Un’altra esplicita opportunità è data dall’art. 564 c.p.p. in cui, per reati perseguibili a querela, il pubblico ministero, anche prima delle indagini preliminari, può tentare la riconciliazione tra querelante e querelato. Anche all’interno del procedimento che regola l’affidamento in prova ai servizi sociali della giustizia, è previsto che l’autore di reato si adoperi in favore della vittima.
Altre misure del D.P.R. 448/88 vengono utilizzate come possibili ambiti di operatività della mediazione anche se non espressamente prevista. Gli indici normativi sono l’art.9 (“accertamenti di personalità del minore”), in cui la mediazione è utilizzata per valutare la responsabilità del minore e la consapevolezza delle conseguenze della sua azione; l’art.27 (“assoluzione per irrilevanza del fatto”), dove la mediazione viene utilizzata dal giudice per la valutazione del danno prodotto dal minore nei confronti della vittima; l’art.30 (“libertà controllata”) che è una misura alternativa alla detenzione in cui il giudice può prevedere come attività prevalente che il minore svolga un percorso di mediazione, dopo averne valutato la sua disponibilità insieme al gruppo di mediazione.
Entrando nel merito della mediazione penale, possiamo definirla come un’attività il cui obiettivo è quello di ricomporre il conflitto tra vittima ed autore del reato, attraverso un mediatore che in modo diretto o indiretto mette in comunicazione le domande e i vissuti dei due attori in riferimento all’azione-reato e ai suoi effetti sul piano giudiziario e psicologico.
Questa forma di intervento si è diffusa, a partire dagli anni settanta, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e in nord Europa, con numerosi programmi che hanno avuto un notevole successo.
I punti fondamentali su cui si basa la mediazione riguardano:
a) il reato inteso come conflitto tra parti;
b) il sistema-autore vittima come punto focale dell’intervento;
c) l’accordo tra le parti come risoluzione del conflitto;
d) la flessibilità di attuazione delle mediazione dentro e fuori il sistema penale.
Per quanto riguarda il punto sub a), il reato è considerato come il risultato di un conflitto tra le parti di cui una subisce un danno che ha implicazioni simboliche e materiali. Questa impostazione si differenzia da quella dei tradizionali modelli di giustizia come quello c.d. educativo-trattamentale che considera il reato come il risultato di problemi di personalità da cui la società deve proteggersi o come quello c.d. retributivo in cui il reato è visto come una infrazione delle regole penali che produce un danno alla società.
Quanto al punto sub b), l’intervento è centrato sul confronto fra le parti. In questo modo, l’autore del reato può confrontarsi con la vittima rendendosi conto delle conseguenze della sua azione, attivandosi in senso responsabilizzante verso di lei. La vittima può non solo comprendere i motivi del reato ma anche comprendere meglio le proprie strategie personali e di azione, inoltre può essere parte attiva nel chiedere direttamente all’autore del reato cosa questi può fare per lei. L’intervento assume un’ottica “sistemica”, superando l’orientamento centrato sull’autore di reato.
Quanto al punto sub c), l’accordo è il principale obiettivo della mediazione. Esso rappresenta la ricomposizione del conflitto. L’accordo può essere relativo ad un risarcimento economico, alla riparazione delle conseguenze del reato o alla riconciliazione tra vittima ed autore di reato. Il risarcimento economico viene utilizzato per reati lievi, come piccoli furti; la riparazione delle conseguenze del reato, invece, consiste nello svolgimento di un’attività pertinente nei suoi significati simbolici al danno commesso e viene svolta in favore della vittima. La riconciliazione consiste, per quanto riguarda l’autore di reato, nel confronto diretto con le conseguenze del reato, nel riconoscimento della propria responsabilità, in un ruolo più partecipe nel sistema della giustizia. Per quanto riguarda la vittima, l’obiettivo è la rielaborazione del reato, il contenimento della paura di subire altri reati, il recupero di un ruolo attivo nel sistema della giustizia.
Quanto al punto sub d), un aspetto che, segnatamente nei paesi anglosassoni, ha favorito ed incrementato la partecipazione ai programmi di mediazione è il fatto di potere essere svolta in sostituzione del procedimento giudiziario, come forma di depenalizzazione applicata a reati lievi. La mediazione è prevista durante l’esecuzione del programma risocializzativo della giustizia per i minori autori di reato o come alternativa alla misura penale.
Attraverso la mediazione viene ricomposta la comunicazione fra autore di reato e parte lesa, e quest’ultima viene rivalutata nel proprio ruolo potendo partecipare attivamente alla ricomposizione del conflitto, superando l’esigenza retributiva nei confronti di chi ha commesso il reato. La mediazione penale si integra bene con l’ottica risocializzativa della risposta penale che avrebbe in questo modo un suo rafforzamento e un reale compimento rispetto alla logica retributiva e punitiva.
Anche in tale prospettiva la mediazione rappresenta, senza dubbio. una potenziale risorsa per la cultura del cambiamento della giustizia nel nostro paese, anche se queste potenzialità sono difficili da sviluppare a causa del consolidamento dei sistemi tradizionali di tipo retributivo e sanzionatorio. Anche se ci sono delle difficoltà, vale la pena investire nella direzione della mediazione, in termini di sensibilizzazione culturale ed operativa verso chi intende operare nel settore della giustizia, non solo in campo minorile ma anche in quello degli adulti, per favorire questa opportunità innovativa per il sistema della giustizia.